Sui ricercatori

Interazioni

di Mimmo Cersosimo /

In questa nota sono contenute alcune sintetiche proposte programmatiche aggiuntive a quelle presentate  il 14 giugno 2013 alla comunità accademica che traggono ispirazione dalle generose interazioni avute con colleghi, docenti e personale tecnico-amministrativo, a dimostrazione che il confronto e l’ascolto servono (davvero) a integrare e migliorare le idee di partenza.  

1. Sui ricercatori

Nell’ultimo quadriennio, l’università italiana ha subìto un progressivo processo di de-finanziamento che ha colpito sia i fondi destinati al funzionamento ordinario, ormai inadeguati anche a coprire la sola inflazione, sia il potere di acquisto di chi vi lavora.

L’intonazione politico-culturale generale, strisciante da anni, sembra essere la svalutazione sistematica – economica, funzionale e simbolica – dell’università pubblica a vantaggio di atenei promossi da privati, sovente di dubbia qualità scientifica e didattica. Non è un caso, credo, che negli ultimi tempi si siano moltiplicate campagne di stampa e politiche volte a deturpare l’immagine dell’università italiana, presentandola come luogo di oziosa improduttività, amplificando e dando risalto a scandali circoscritti o banalizzando importanti temi di studio e di ricerca.

Approfondite e accreditate analisi scientifiche hanno tuttavia mostrato che la produzione scientifica dei singoli ricercatori pubblici italiani è a livelli di eccellenza nel contesto internazionale. Le uniche grandi anomalie rilevate nel nostro sistema sono da un lato il pesante sottofinanziamento e, dall’altro, la penalizzazione persistente dei ricercatori più giovani, i cui stipendi e fondi per la ricerca sono comparativamente molto più bassi rispetto a quelli che si hanno in Paesi, anche con livelli di reddito inferiori al nostro, e che, sempre più, si trovano impegnati in pratiche di lavoro gratuito e precarietà prolungata delle loro condizioni occupazionali e di vita.

I ricercatori, insieme agli studenti, sono stati la fascia più penalizzata dalle politiche pubbliche nazionali degli ultimi anni, diventando vittime di uno stridente paradosso: studiosi con livelli di produttività accademica sovente analoghi rispetto ad associati e ordinari, ma che versano in condizioni di forte “inferiorità” di reddito e di “potere” istituzionale.

La Legge 240 ha sancito il culmine di questo processo, configurando strutture di governo delle università ancora più verticistiche e gerarchiche, e nel contempo meno autonome rispetto alle pressioni del contesto esterno.

Università gerarchiche e burocratizzate finiscono per attenuare i potenziali innovativi, per separare settori accademici piuttosto che raccordarli, per alimentare asfittiche autoreferenzialità disciplinari.

Si può e si deve reagire a tutto ciò, sfruttando tutte le opportunità che la realtà offre per costruire spazi aggiuntivi di democrazia, autonomia ed equità generazionale e tra le categorie di lavoratori. Ciò è tanto più necessario e impellente nel nostro ateneo, caratterizzato da un profilo demografico del corpo docente tra i più giovani in Italia.

Non è facile ma neppure impossibile.

L’istituzione del Fondo rotativo, del tipo proposto nelle mie Linee programmatiche, potrebbe diventare un’importante occasione per indirizzare risorse finanziarie a progetti di ricerca d’ateneo finalizzati a favorire la collaborazione interdisciplinare tra ricercatori. Tale collaborazione dovrebbe essere orientata prioritariamente sui temi strategici dei programmi europei e internazionali, in modo da creare e rafforzare, su un piano di orizzontalità e innovatività, le competenze e i curricula dei ricercatori in vista di ulteriori bandi  nazionali e internazionali.

E’ possibile istituire un Fondo ad hoc, alimentato con risorse comunitarie, per finanziare progetti di ricerca promossi da gruppi di giovani ricercatori, per sostenere le loro potenzialità di crescita e autonomia di ricerca. In tale ambito, si dovrebbero rafforzare le attività organizzative e di supporto dell’ufficio ricerca d’ateneo finalizzate all’intercettazione di fondi europei e internazionali destinati alla mobilità e alle attività scientifiche e di studio dei ricercatori più giovani.

Si dovrebbe, utilizzando al massimo gli spazi consentiti da norme e regolamenti, abbattere il più possibile steccati e riserve di potere accademico, dilatando la libertà sostanziale e la partecipazione alle decisioni di tutte le componenti accademiche, in particolare dei giovani ricercatori, anche attraverso specifiche commissioni di consultazione composte da ricercatori selezionati attraverso un metodo di rotazione.

Se eletto rettore mi impegnerò con determinazione in due direzioni: (1) a costruire alleanze strategiche con altri rettori, meridionali e non, per contrastare le tendenze regressive della politica universitaria italiana recente, e i contraccolpi sulle fasce più “deboli” del sistema accademico, con l’obiettivo di ridare centralità culturale e politica e finanziamenti pubblici adeguati alle università, in particolare a quelle localizzate in contesti istituzionali e socio-economici più fragili e difficili, come quelli del Sud italiano; (2) ad impegnarmi immediatamente ad individuare e approntare nella nostra università sistemi regolativi che attribuiscano ai nostri più giovani colleghi reali opportunità di ricerca, progettualità, “voce” e “potere”.

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